Intervista di Lavinia Collodel ad Alessio Ancillai per slowpitch.biz
21/07/2011
Ciao Alessio, la tua è una pittura astratta, a parte alcune volte in cui si può intravedere una figura tra forme aeree. Ma c’è una costante che risalti, e che ha un significato particolare. Se ti dico “linea”, cosa esce fuori?
Ciao e grazie per la domanda apparentemente semplice, in realtà per risponderti bisogna prima di tutto fare un salto temporale che mi riporta a quando ero adolescente. Come tutti i ragazzi, nell’adolescenza, si innamorano e si separano costantemente…andando incontro ad elaborazioni esistenziali di notevole profondità ed allora inconsapevolmente mi è capitato di portare su carta dei pensieri che poi sono diventate poesie in quanto parlavano semplicemente con un linguaggio per immagini, quindi la scrittura come momento di solitudine dove il mondo circostante per un breve periodo non esiste più e si cerca dentro, in fondo, nell’affascinante abisso che ci distingue, si cerca qualcosa che non si conosce, forse proprio la linea, sempre diversa, senza colore, silenziosa ed infinita. Con la penna o con la matita scrivevo pensieri astratti, ma reali e tramite il segno diventavano concreti, comunicazione. Poi il segno che mi faceva compagnia ad un certo punto è diventato pittura… mi viene da dire che tramite la linea e la ricerca sull’immagine ed il senso della linea ho avuto la possibilità di vedere meglio i miei movimenti interni. Sia quando compongo un’immagine figurativa od astratta la presenza della linea c’è sempre, anche se non si vede immediatamente, forse perché c’è stata una trasformazione di essa, non lo so, ma io ce la vedo sempre. Il fatto di comporre immagini figurative od astratte dipende da cosa e come voglio parlarne. Picasso ha aperto una porta verso l’infinito, ora tocca a noi contemporanei di cercare nel latente le immagini, ricreando qualcosa che non essendo ricordo cosciente riaffiora solo come memoria inconscia del primo anno di vita con la fantasia. E la linea, come immagine della prima e fondamentale separazione alla nascita, è il punto di partenza necessario ed imprescindibile per questa ricerca…
Si tratta di passaggi interiori, rappresentazioni delle tue ricerche sull’inconscio, e i tuoi titoli aiutano. Quanta importanza hanno i titoli nei tuoi lavori?
Sì, si tratta di passaggi interiori, di cercare di immergersi senza paura nell’inconscio non onirico: il sonno della ragione non genera mostri, ovvero può generare mostri, ma il pensiero inconscio, come ci spiegano le ricerche scientifiche di questi ultimi cinquant’anni, non è per sua natura perverso, malato o distruttivo, quindi la possibilità di ritrovare delle immagini non psicotiche c’è! Ed un pensiero sano come si rappresenta? Non lo so, però ci si deve provare, si deve cercare e studiare molto. La mia formazione non è stata accademicamente artistica, bensì scientifica con studi di Medicina e chirurgia perché avevo l’intenzione di proseguire con la specializzazione in Psichiatria e da qui viene una formazione che guarda alla specificità dell’essere umano sano come tale, perché si può parlare di malattia solo conseguentemente ad un precedente stato di sanità che viene meno. Quindi, come dicevo prima, l’inconscio parla per immagini come tutti sanno, e venendo dapprima dalla penna che si muove libera sulla carta bianca è come se il titolo del quadro fosse un titolo di una poesia dove si racchiude, a volte ermeticamente, il senso dell’immagine che voglio raccontare. Il titolo è parte dell’opera stessa e contribuisce all’emozione di insieme che cerco in me e che spero di suscitare in chi guarda le mie opere.
Parlami del colore. Usi colori immediatamente riconoscibili, cioè che riconducono subito a te. Da dove escono? Mi spiego. Nonostante siano lavori astratti, guardi a qualcosa nella natura per ispirarti, o sono semplicemente riflessi di pensieri?
Non riproduco mai il percepito con i cinque sensi fisici, ma le sensazioni e le immagini che da questi scaturiscono. A volte per fare esercizio tecnico si può anche copiare qualcosa di percepito, ma secondo me bisogna cimentarsi lasciandosi andare alla fantasia, alle immagini che vengono da dentro. Il colore mi dà contentezza, sempre e soprattutto quando uso gli olii. E la sensazione di benessere è indipendente dal colore che sto usando in quel momento: non per forza il nero parla di cose cupe, quello che conta è il come si vive la stesura di esso, come si combina con altri colori, come si sbilancia o si equilibra nell’insieme dell’opera…ma non me ne rendo mai conto. Spero sempre che venga fuori un’immagine nel suo insieme bella, a volte ci si riesce e a volte bisogna riprovare… e neanche questo mi dispiace.
Rispetto al colore c’è un grande dilemma che mi fa sbattere la testa da tantissimi anni, un po’ come cercare di capire il perché la mano libera si muove in un certo modo segnando sul foglio dei piccoli segni che compongono per esempio una poesia o un titolo di un quadro o semplicemente un appunto per un pensiero, similarmente mi chiedo perché la mano inconsapevolmente si muove verso il nero d’avorio e non sul grigio di payne oppure sul rosso veneziano e sul bianco santorini piuttosto che sul verde veronese? Ecco da dove viene il colore non lo so, forse dalla dinamicità dei rapporti interumani, ma ti assicuro che proprio ancora non l’ho capito .. e chissà se lo capirò mai! Ma non importa, l’importante è continuare a cercare i colori e le sensazioni che mi provocano.
Sei anche poeta, ho letto i tuoi pensieri che hai pubblicato su alcuni cataloghi, e spero che ci regalerai qualcosa di tuo nella sezione carta&penna, che ne dici?
Mi farebbe piacere! Grazie dell’invito. Non mi definirei un poeta però, preferisco pensare che le poesie siano parte della mia espressione per immagini, che è segno scritto e che diventa anche altro, colore, immagine visiva in movimento, intervento installativo…
Che collegamento c’è tra quello che dipingi e quello che scrivi? Si completano, o vivono separatamente? Mi viene in mente che da non molto – dimmi se sbaglio – hai iniziato a lavorare con il video. Si può trovare una sintesi, nel racconto attraverso le immagini, della tua poetica?
Cara Lavinia tu rincari sempre la dose, tra quello che dipingo e quello che scrivo c’è un collegamento e questo vale anche per il video. C’è un collegamento prima di tutto se sto lavorando ad un progetto e lo voglio rappresentare su più forme espressive; ovviamente la scrittura, la pittura e la videoart arrivano a livelli di profondità diversi, quindi il dialogo tra le forme espressive serve sopratutto a me anche per realizzare fino a dove sono sceso, quanto sono riuscito a sviscerare l’idea e spesso mi ritrovo a dover rivedere tutto il lavoro. …Ho cominciato a giocare un po’ con la telecamera ed i software per il montaggio video nel 2006 in occasione del Festival Festarte … sono stato selezionato tra i fuori concorso, ma è stata una bellissima esperienza. Poi ho approfondito la tecnica ed ora quasi mi è impossibile pensare ad un progetto senza l’apporto della videoart. Con il video il linguaggio viene rappresentato con un movimento che non va confuso con lo spostamento, ma come dinamica, dove lo spazio mi interessa poco perchè il movimento che mi interessa si svolge nel tempo, appunto come dinamica di immagini che raccontano e rappresentano un movimento inconscio. O per lo meno ci provo.
Lavinia Collodel
21/07/2011
Ciao Alessio, la tua è una pittura astratta, a parte alcune volte in cui si può intravedere una figura tra forme aeree. Ma c’è una costante che risalti, e che ha un significato particolare. Se ti dico “linea”, cosa esce fuori?
Ciao e grazie per la domanda apparentemente semplice, in realtà per risponderti bisogna prima di tutto fare un salto temporale che mi riporta a quando ero adolescente. Come tutti i ragazzi, nell’adolescenza, si innamorano e si separano costantemente…andando incontro ad elaborazioni esistenziali di notevole profondità ed allora inconsapevolmente mi è capitato di portare su carta dei pensieri che poi sono diventate poesie in quanto parlavano semplicemente con un linguaggio per immagini, quindi la scrittura come momento di solitudine dove il mondo circostante per un breve periodo non esiste più e si cerca dentro, in fondo, nell’affascinante abisso che ci distingue, si cerca qualcosa che non si conosce, forse proprio la linea, sempre diversa, senza colore, silenziosa ed infinita. Con la penna o con la matita scrivevo pensieri astratti, ma reali e tramite il segno diventavano concreti, comunicazione. Poi il segno che mi faceva compagnia ad un certo punto è diventato pittura… mi viene da dire che tramite la linea e la ricerca sull’immagine ed il senso della linea ho avuto la possibilità di vedere meglio i miei movimenti interni. Sia quando compongo un’immagine figurativa od astratta la presenza della linea c’è sempre, anche se non si vede immediatamente, forse perché c’è stata una trasformazione di essa, non lo so, ma io ce la vedo sempre. Il fatto di comporre immagini figurative od astratte dipende da cosa e come voglio parlarne. Picasso ha aperto una porta verso l’infinito, ora tocca a noi contemporanei di cercare nel latente le immagini, ricreando qualcosa che non essendo ricordo cosciente riaffiora solo come memoria inconscia del primo anno di vita con la fantasia. E la linea, come immagine della prima e fondamentale separazione alla nascita, è il punto di partenza necessario ed imprescindibile per questa ricerca…
Si tratta di passaggi interiori, rappresentazioni delle tue ricerche sull’inconscio, e i tuoi titoli aiutano. Quanta importanza hanno i titoli nei tuoi lavori?
Sì, si tratta di passaggi interiori, di cercare di immergersi senza paura nell’inconscio non onirico: il sonno della ragione non genera mostri, ovvero può generare mostri, ma il pensiero inconscio, come ci spiegano le ricerche scientifiche di questi ultimi cinquant’anni, non è per sua natura perverso, malato o distruttivo, quindi la possibilità di ritrovare delle immagini non psicotiche c’è! Ed un pensiero sano come si rappresenta? Non lo so, però ci si deve provare, si deve cercare e studiare molto. La mia formazione non è stata accademicamente artistica, bensì scientifica con studi di Medicina e chirurgia perché avevo l’intenzione di proseguire con la specializzazione in Psichiatria e da qui viene una formazione che guarda alla specificità dell’essere umano sano come tale, perché si può parlare di malattia solo conseguentemente ad un precedente stato di sanità che viene meno. Quindi, come dicevo prima, l’inconscio parla per immagini come tutti sanno, e venendo dapprima dalla penna che si muove libera sulla carta bianca è come se il titolo del quadro fosse un titolo di una poesia dove si racchiude, a volte ermeticamente, il senso dell’immagine che voglio raccontare. Il titolo è parte dell’opera stessa e contribuisce all’emozione di insieme che cerco in me e che spero di suscitare in chi guarda le mie opere.
Parlami del colore. Usi colori immediatamente riconoscibili, cioè che riconducono subito a te. Da dove escono? Mi spiego. Nonostante siano lavori astratti, guardi a qualcosa nella natura per ispirarti, o sono semplicemente riflessi di pensieri?
Non riproduco mai il percepito con i cinque sensi fisici, ma le sensazioni e le immagini che da questi scaturiscono. A volte per fare esercizio tecnico si può anche copiare qualcosa di percepito, ma secondo me bisogna cimentarsi lasciandosi andare alla fantasia, alle immagini che vengono da dentro. Il colore mi dà contentezza, sempre e soprattutto quando uso gli olii. E la sensazione di benessere è indipendente dal colore che sto usando in quel momento: non per forza il nero parla di cose cupe, quello che conta è il come si vive la stesura di esso, come si combina con altri colori, come si sbilancia o si equilibra nell’insieme dell’opera…ma non me ne rendo mai conto. Spero sempre che venga fuori un’immagine nel suo insieme bella, a volte ci si riesce e a volte bisogna riprovare… e neanche questo mi dispiace.
Rispetto al colore c’è un grande dilemma che mi fa sbattere la testa da tantissimi anni, un po’ come cercare di capire il perché la mano libera si muove in un certo modo segnando sul foglio dei piccoli segni che compongono per esempio una poesia o un titolo di un quadro o semplicemente un appunto per un pensiero, similarmente mi chiedo perché la mano inconsapevolmente si muove verso il nero d’avorio e non sul grigio di payne oppure sul rosso veneziano e sul bianco santorini piuttosto che sul verde veronese? Ecco da dove viene il colore non lo so, forse dalla dinamicità dei rapporti interumani, ma ti assicuro che proprio ancora non l’ho capito .. e chissà se lo capirò mai! Ma non importa, l’importante è continuare a cercare i colori e le sensazioni che mi provocano.
Sei anche poeta, ho letto i tuoi pensieri che hai pubblicato su alcuni cataloghi, e spero che ci regalerai qualcosa di tuo nella sezione carta&penna, che ne dici?
Mi farebbe piacere! Grazie dell’invito. Non mi definirei un poeta però, preferisco pensare che le poesie siano parte della mia espressione per immagini, che è segno scritto e che diventa anche altro, colore, immagine visiva in movimento, intervento installativo…
Che collegamento c’è tra quello che dipingi e quello che scrivi? Si completano, o vivono separatamente? Mi viene in mente che da non molto – dimmi se sbaglio – hai iniziato a lavorare con il video. Si può trovare una sintesi, nel racconto attraverso le immagini, della tua poetica?
Cara Lavinia tu rincari sempre la dose, tra quello che dipingo e quello che scrivo c’è un collegamento e questo vale anche per il video. C’è un collegamento prima di tutto se sto lavorando ad un progetto e lo voglio rappresentare su più forme espressive; ovviamente la scrittura, la pittura e la videoart arrivano a livelli di profondità diversi, quindi il dialogo tra le forme espressive serve sopratutto a me anche per realizzare fino a dove sono sceso, quanto sono riuscito a sviscerare l’idea e spesso mi ritrovo a dover rivedere tutto il lavoro. …Ho cominciato a giocare un po’ con la telecamera ed i software per il montaggio video nel 2006 in occasione del Festival Festarte … sono stato selezionato tra i fuori concorso, ma è stata una bellissima esperienza. Poi ho approfondito la tecnica ed ora quasi mi è impossibile pensare ad un progetto senza l’apporto della videoart. Con il video il linguaggio viene rappresentato con un movimento che non va confuso con lo spostamento, ma come dinamica, dove lo spazio mi interessa poco perchè il movimento che mi interessa si svolge nel tempo, appunto come dinamica di immagini che raccontano e rappresentano un movimento inconscio. O per lo meno ci provo.
Lavinia Collodel